In A Waxy Silence di Antonello Tolve

Roma – Giuseppe Tabacco In A Waxy Silence – Roma, Villa di Massenzio, Mausoleo di Romolo – 24 settembre – 31 ottobre.

Riportiamo per i lettori il testo critico del curatore, Antonello Tolve.

In A Waxy Silence

«Con questo nuovo capitolo del suo lavoro Giuseppe Tabacco (Roma, 1956) propone un percorso circolare scandito da sette ciotole realizzate in limpida cera d’api naturale contenenti al loro interno lenticchie, orzo, miele, olive secche, vino rosso, farro e lana grezza che non solo vogliono richiamare immaginificamente alla memoria l’EdictumDePretiisRerumVenaliumemesso nel 301 dall’imperatore Diocleziano per far fronte all’inflazione galoppante (la polenta di farro era ad esempio il tipico vitto militare) ma mirano anche a definire cromaticamente e plasticamente l’impianto narrativo del corpus architettonico preesistente con l’idea di generare un dispositivo intermittente, aperto appunto all’aperto dello spazio circostante come un continuum, come una benjaminiana “costellazione carica di tensioni”.

Lucenti e trasparenti, i sette contenitori meticolosamente plasmati e levigati da Tabacco – definiti dall’artista Reliquiarium(2021) – sono, per traslato, piccoli luoghi di accoglienza e di ospitalità, di inclusione e commistione materica che indirizzano la riflessione sull’orizzonte del presente, sul rapporto di partecipazione e di unione, di trasmissione della memoria e contestualmente di trasmissione dell’oblio. L’artista avanza l’ipotesi di una nuova (provvisoria) visualizzazione del maestoso spazio, inserendovi al suo interno punti d’attenzione (scintille di lucidità), possibili segni e segnali depositati per lo più asimmetricamente con lo scopo di scompaginare la simmetrica fissità del fabbricato romano e di orchestrare così un cammino variegato dello sguardo, un raffinato itinerario che – quasi parola per parola – ha tutta la forza e l’impazienza della potenza in atto.

In questo disegno tracciato puntualmente da Tabacco, Stilus(2021), nell’ambiente quadrangolare del Mausoleo, è, poi, un secondo e potente intervento che propone una elefantiaca e agile matita di circa quattro metri e mezzo la cui esagonalità sembra giocare con l’impianto ottagonale del Mausoleo. Realizzata come i magnetici Reliquiariumin finissima cera d’api che custodisce al suo interno, quasi a creare un eburneo motivo decorativo, petali di papavero, spighe di forasacchi (detti anche strozzacavalli), gramigna rossa (cynodon dactylon) e dente canino (agropyrom repens), margherite, rametti di finocchio selvatico o arbusti raccolti dall’artista durante un suo meriggiarepallidoeassortonel Parco Archeologico dell’Appia Antica, questa raffinata installazione fa riferimento ad alcuni stilemi linguistici – l’obelisco, la colonna, il monolite – e si allunga misteriosamente (solennemente) verso l’alto, quasi a cercare l’infinito e a scrivere sulla pagina azzurra del cielo un capitolo di storia in cui si incontrano l’arcaico e l’attuale.

Una serie di tavolette in cera (richiamo a una certa scrittura romana realizzata proprio su tabulaeo tabellaericoperte di cera impura e gesso dove le lettere venivano incise con lo stilus) si disseminano infine negli ambienti espositivi per offrire allo spettatore un viaggio alla ricerca di ulteriori anfratti e punti di vista – di pensieri e presenze – che mostrano a pieno titolo l’intento ultimo di Giuseppe Tabacco, tutto concentrato nel creare un dialogo serrato con lo spazio (una sorta di temporanea Gesamtkunstwerkgià toccata con quella indimenticabile trilogia del Pozzo, dell’Isolae dei Quadrirealizzata dall’artista al Museo delle Mura nel 2015), con un’idea dell’abitare che esibisce la propria fluida vuotità e porta a una sorta di silenzio imparziale dove il piano dell’opera sembra apparire, manifestarsi liturgicamente, come un suono inaspettato».

Ph. Giuseppe Tabacco, Senza titolo, 2021, cera d’api e frammenti di corteccia di alianto cm 30 x 29,2

Giuseppe Longo

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