“I beni confiscati sono beni comuni” Saluto dall’Arcivescovo di Monreale, Mons. Michele Pennisi

Monreale (PA) – “I Beni confiscati sono beni comuni”. Seminario promosso dalla Prefettura di Palermo.

Saluto dall’Arcivescovo di Monreale, Mons. Michele Pennisi.

«Ringrazio Sua Eccellenza il Prefetto di Palermo Giuseppe Forlani per avermi invitato a porgere un saluto a questo seminario su “I Beni confiscati sono beni comuni”.

Porgo un rispettoso saluto a tutte le autorità civili militari e religiose, a tutti gli illustri relatori e a tutti i presenti.

Nell’impegno per la legalità e la lotta contro le mafie si è rivelato uno strumento efficace di riscatto, quello del sequestro e della confisca delle ricchezze ottenute illegalmente dagli appartenenti alle varie forme di criminalità organizzata, per le quali la linfa vitale e il principale “idolo” rimane quello dell’accumulazione illecita di denaro e di beni economici.

All’origine di questa importante decisione di colpire le ricchezze di origine mafiosa con una specie di “legge del contrappasso” ci fu l’intuizione del siciliano on. Pio la Torre che ispirò il Ministro dell’Interno del tempo Virginio Rognoni a proporre la prima legge della confisca dei beni, illegalmente accumulati.

Successivamente, grazie alla raccolta di un milione di firme da parte dell’associazione “Libera”, nel 1996 fu approvata la legge sul riutilizzo di quei beni a fini sociali, coinvolgendo le associazioni del Terzo settore, i giovani e varie categorie di cittadini promuovendo in questo modo i valori della legalità legata allo sviluppo. Grazie alla legge n.109/1996 sono nate esperienze imprenditoriali e cooperativistiche importanti, che hanno consentito a molti giovani di crearsi un lavoro onesto e a diversi territori, soggiogati alla nefasta influenza mafiosa, di vivere un riscatto sociale ed economico.

Restituire alla comunità le ingenti ricchezze accumulate illegalmente, oltre che colpire la mafia al cuore nei suoi interessi economici ha ricadute importanti per l’educazione alla legalità e un grande valore simbolico a livello culturale, morale e politico per riaffermare che questi beni sono Beni comuni.

La creazione dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è stato un tentativo innovativo di introdurre un’amministrazione dinamica dei patrimoni confiscati, finalizzata a snellire le procedure contribuendo al superamento delle criticità che spesso ostacolano o rallentano la restituzione alla collettività dei patrimoni mafiosi.

Ho avuto il privilegio di scrivere la presentazione al volume del colonnello della Guardia di Finanza Marco Letizi: “Le procedure di destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata alla luce delle più recenti novelle normative. Elementi di criticità e percorsi operativi risolutivi”

I beni confiscati alla criminalità organizzata rappresentano una risorsa economica imprescindibile per il nostro Paese che ha avviato tante buone pratiche delle quali sono stati protagonisti: pubbliche istituzioni, scuole, associazioni di volontariato, cooperative sociali ma anche realtà ecclesiali.

Tra i numerosi progetti di assegnazione e utilizzazione di beni realizzati dall’Agenzia Nazionale in Sicilia ve ne sono alcuni che si ammantano di un elevato valore simbolico: la “casa dei 100 passi” confiscata a Tano Badalamenti nel Comune di Cinisi, oggi utilizzata in parte quale sede dell’Associazione in memoria di Peppino Impastato e in parte quale biblioteca comunale; la casa confiscata alla famiglia di Bernardo Provenzano a Corleone e utilizzata quale sede della “Bottega dei saperi e dei sapori”; le centinaia di ettari sequestrate ai fratelli Guarneri dal beato Rosario Livatino oggi assegnate ad una cooperativa agricola gestita da giovani disoccupati; il feudo Verbuncaudo confiscato a Michele Greco detto “il papa” e ora assegnato ad un consorzio Sviluppo e legalità che lo coltiva; il centro ippico Giuseppe Di Matteo, il centro “Amico mio” a Villagrazia di Carini, il terreno di Brancaccio assegnato alla Parrocchia San Gaetano di Palermo per la realizzazione della nuova chiesa intitolata a Don Pino Puglisi e un bene assegnato dal Comune di Palermo alla parrocchia Maria SS. Addolorata di Molara dell’arcidiocesi di Monreale per progetti in favore di soggetti svantaggiati.

Affinché tali patrimoni possano positivamente incidere sul nostro tessuto economico – sociale è essenziale un impegno condiviso per potenziare ed ottimizzare le attività connesse all’amministrazione e destinazione dei beni confiscati per reinserirli nell’economia legale con conseguenti positivi effetti in campo occupazionale ma anche sociale.

Tra le proposte del volume del colonnello Letizi mi sembra interessante quella di consentire all’Agenzia Nazionale, aperta al mondo istituzionale, accademico, imprenditoriale e dell’associazionismo, di poter trasferire alcuni beni confiscati direttamente a soggetti appartenenti al Terzo settore, velocizzando le destinazioni.

Mi auguro che l’iniziativa di oggi promossa dalla Prefettura di Palermo possa contribuire a far conoscere il percorso virtuoso innescato dall’utilizzo effettivo dei beni confiscati alle mafie a servizio del bene comune, legato alla promozione di una cittadinanza attiva e responsabile, soprattutto delle nuove giovani generazioni».

Giuseppe Longo

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