Ultimi dati Eurostat rivelano che quasi il 12% dei lavoratori versa in condizione di povertà, pur lavorando

Per Maurizio Grosso (seg.gen. Sifus Confali) “bisogna invertire la tendenza, iniziando dall’introduzione del costo minimo del salario a 9,66 euro l’ora”

Roma – Fermo restando che le ragioni per cui l’ 11, 8 % dei lavoratori hanno un reddito basso non vanno ricercate solo nelle ” basse retribuzioni orarie”, ma soprattutto nella durata del contratto di lavoro (spesso precario, part time, ecc.) e nella carenza di formazione, il dato che ci fornisce Eurostat è davvero drammatico e va invertito poiché significa che in Italia più di un lavoratore su 10 è “povero” pur lavorando.
Un tempo, quando le organizzazioni sindacali confederali puntavano alla “contrattazione” come strumento di lotta per rivendicare i diritti negati delle lavoratrici e dei lavoratori -dichiarato Maurizio Grosso Segretario Generale del SiFUS- avremmo sostenuto con determinazione che il “salario minimo orario” va determinato dalle risultanze della contrattazione medesima, senza se e senza ma. Da quando i sindacati confederali hanno abbandonato lo strumento della contrattazione preferendogli quello della “concertazione”, che di fatto ha consentito il ricorso delle aziende a salari da fame per milioni di lavoratrici e lavoratori, abbiamo cambiato motivatamente idea e riteniamo giusto che il Parlamento italiano proceda attraverso una legge, alla definizione di un costo minimo dell’orario di lavoro pari a 9,66 ore lorde ( come in Germania), al di sotto del quale nessuna retribuzione deve scendere. D’altronde in Europa, su 27 Stati, sono 21 i Paesi in cui esiste il salario minimo orario: va dai 12,38 euro l’ora del Lussemburgo, dai 10,15 euro l’ora della Francia, dai 9,66 euro l’ora della Germania, dai 5,76 euro l’ora della Spagna fino all’1,86 euro l’ora della Bulgaria, ai 2,81 euro l’ora della Romania, ai 3,76 euro l’ora della Grecia, ecc.
Il Governo Draghi -continua Grosso- non può continuare a consentire paghe da fame e soprattutto che le famiglie “operaie in povertà assoluta”, come rivela il rapporto annuale dell’Istat, rappresentino il 13% del totale a dimostrazione che la contrattazione sindacale confederale, ha prodotto più danni che vantaggi. Inoltre, in Italia solo il 50% dei lavoratori poveri percepiscono una qualche forma di prestazione di sostegno al reddito contro la media del 65% degli altri paesi europei. Nel percorso che deve portare al salario minimo legale –prosegue Maurizio Grosso- oltre i sindacati confederali, bisogna fermare (visto che hanno alzato le barricate) i signori di Confindustria poiché hanno fatto della compressione salariale un fattore competitivo del nostro capitalismo.
Se la soglia oraria lorda sotto cui non si può scendere –conclude il Segretario Generale del SiFUS, Maurizio Grosso- venisse fissata per legge, come proponiamo al Governo Draghi, a 9,66 euro, ci sarebbe una platea di oltre 4 milioni di lavoratori che se ne avvantaggerebbe (centralinisti, guardie giurate, autisti, addetti alle pulizie, addetti alla ristorazione, settori della logistica, braccianti agricoli, idraulico forestali, operai dei consorzi di bonifica, riders, commesse, ecc).

Qualis eligere