“Elogio della normalità” di Giulio Dellavite

“La sfida sta nel contenuto: piccole cose ma di valore immenso”. Essere vincenti vivendo una normalità avvincente. Può essere questo il manifesto che ne viene fuori dalla lettura dell’ultimo libro “L’elogio della normalità” (edito da Mondadori) di Giulio Dellavite, prete bergamasco, ha lavorato in Santa Sede come Officiale della Congregazione per i Vescovi ed è Segretario Generale della Curia di Bergamo dal 2012 dove svolge anche il ruolo di responsabile per le relazioni istituzionali e i rapporti con la stampa.

Monsignor-Giulio-Dellavite

Monsignor Dellavite affronta con un’attenta e preziosa disamina il significato della parola normalità. Quella normalità che, a volte, può sembrarci sinonimo di noia e rassegnazione. Invitando il lettore ad affinare lo sguardo e ad aprire il cuore per scorgere nelle piccole cose quotidiane un valore immenso.

“La casa editrice Mondadori, – dice Monsignor Giulio Dellavite – verificando che gli algoritmi davano come parole più ricercate in rete normalità, Dio, Vangelo e spiritualità mi ha chiesto se avessi voluto scriverne un libro. Ho scelto di raccontare e parlare di normalità lasciandolo spiegare ai personaggi, meno noti, del Vangelo; figure secondarie come il cameriere dell’Ultima cena, Giairo, Nicodemo, la moglie di Pilato o il quarto Re Magio. Partendo da loro ho cercato di tessere le lodi della normalità intesa come spazio in cui ciascuno può mettersi alla prova e imparare a leggere la propria storia come una nuova pagina sacra”.

Con la sua scrittura attuale e originale, dopo i successi editoriali dei precedenti titoli da “Benvenuti al ballo della vita” a “Se ne ride chi abita i cieli” e “Ribellarsi, la sfida di un’ecologia umana”, Dellavite ci suggerisce un cambio di prospettiva: ritrovare la straordinarietà dell’ordinario.

“Esiste un filo rosso che lega i miei tre saggi, editi dalla Mondadori, – continua Dellavite – ed è che nel primo parlo di teoria, nel secondo di esercizi e nel terzo entro nel vivo dell’applicazione pratica”.

Nel volume compone un vero e proprio abbecedario, che mette insieme le caratteristiche della quotidianità con aspetti più curiosi: amoressia, decriptazione, fashion style, liminarità, mecciare, opinionismo, performance, quinto quarto, viralità. Utilizza la lingua del Vangelo come chiave di volta per vedere, sotto una nuova luce, il proprio viso. Ricorda a tutti noi come, anche Gesù, abbia vissuto, a parte gli ultimi tre anni della sua vita, un’esistenza normale. Senza perdere mai il senso del verbo.

“La cura delle parole, dello stile lessicale e grammaticale, – conclude Dellavite – della finezza della proposta allarga gli orizzonti. Più in una società si restringe il numero delle parole usate, più diminuisce la libertà, perché si perde la capacità di elaborazione del pensiero, di confronto, di giudizio. A me piace giocare con le parole. Bene-dire non ha un significato unico legato alla benedizione. Ma, significa dire bene delle cose, della vita, delle persone. Un invito ad apprezzare e ad amare ciò che c’è nella nostra vita. Senza sciupare nulla”.

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